Museo di Macchine “Enrico Bernardi”

Luogo: Dipartimento Ingegneria Industriale, Padova
Anno: 2014
Cliente: DII, Università degli Studi di Padova
A cura di: AMUSE Studio Associato
Progetto di allestimento, progetto grafico e di identità visiva

Museo di piccole dimensioni – allestito in una struttura vetrata nel cuore del Dipartimento di Ingegneria industriale – che espone, per gli studenti e per un pubblico generico, la prima macchina italiana a tre ruote con motore a combustione interna (ancora funzionante) ideata e costruita nel 1894 dal padovano Enrico Bernardi. Per coinvolgere il pubblico e rendere fruibili i contenuti si è scelto di dare rilevanza alla sua figura di professore, inventore, uomo e padre di famiglia, contestualizzando il periodo storico ed economico di inizio 900 che ha portato allo sviluppo della produzione automobilistica.

Movimento e dinamicità – come nell’arte futurista – sono gli elementi che hanno ispirato la progettazione e la grafica. A partire dalla pedana asimmetrica che espone la macchina: l’impressione è che essa “entri” con forza al centro dello spazio, generando linee di energia che definiscono forma e posizione di tutti i sistemi espositivi perimetrali. Qui sono esposti i tre principali prototipi di motore, correlati da video sonori che li mostrano in funzione e appoggiati senza protezione su basi rotanti a 360° per poterli osservare in tutti i dettagli.

L’identità visiva, a partire dal logo, si declina in tutti gli elementi della grafica didattica e decorativa creando un’ambiente immersivo e di facile comprensione; i contenuti tecnici più complessi sono stati digitalizzati e organizzati per la fruizione su sistemi interattivi touch-screen. Manoscritti, articoli e fotografie originali sono conservati all’interno di teche estraibili dalle strutture espositive. Sulle pareti vetrate del museo, suggestive gigantografie mostrano alcuni momenti della vita quotidiana della famiglia Bernardi, come l’immagine della figlia che utilizza la “motrice Pia” applicata alla macchina da cucire o del figlio che guida la bicicletta collegandola al “motore Lauro”.