Se un museo digitale, invece di replicare la realtà, si ispirasse all’esperienza del sogno, al suo linguaggio intimo, potente e surreale?
Non sarebbe fantastico, per una volta, viaggiare con la mente in piena libertà? Scoprire e conoscere le cose del mondo con modalità inedite e dunque con meraviglia, dimenticandoci di avere un corpo che ci vincola al tempo e allo spazio.
Ma più precisamente, come “funziona” in un sogno?
(…) All’apparenza tutto è proprio come da noi.
La terra sotto i piedi, acqua, fuoco, aria,
verticale, orizzontale, triangolo, cerchio,
lato destro e sinistro.
Tempo passabile, paesaggi non male
e parecchie creature dotate di linguaggio.
Però quel linguaggio non è di questa Terra.
Nelle frasi domina l’incondizionale.
I nomi aderiscono strettamente alle cose.
Nulla da aggiungere, togliere, cambiare e spostare.
Il tempo è sempre quello dell’orologio.
Passato e futuro hanno un ambito ristretto.
Per i ricordi, il singolo secondo trascorso,
per le previsioni, un altro secondo
che sta appunto cominciando.
Parole quando è necessario. Mai una di troppo,
e questo vuol dire che non c’è poesia,
né filosofia, e neppure religione.
Lì simili trastulli non sono previsti.
Niente che si possa anche solo pensare
o vedere ad occhi chiusi.
Se si cerca è ciò che ci è accanto.
Se si chiede è ciò per cui c’è una risposta.
(…) Il mondo si presenta in modo chiaro
anche nell’oscurità profonda.
Si dà a ciascuno per un prezzo accessibile.
Nessuno esige il resto prima di lasciare la cassa.
Dei sentimenti – la soddisfazione. E nessuna parentesi.
La vita con un punto al piede. E il rombo delle galassie. (…)
(Brani tratti dalla poesia di W. Szymborska “L’orribile sogno del poeta” – dal libro “La gioia di scrivere – tutte le poesie 1945-2009”, Adelphi Edizioni, Milano 2020).